<La storia del passato/ ormai ce l’ha insegnato/ che un popolo affamato/ fa la rivoluziòn…>. Dalla canzone Viva la pappa col pomodoro, sigla de Il giornalino di Gian Burrasca, 1964, proto-serie tv (si chiamava sceneggiato televisivo) cantata e interpretata da Rita Pavone. Adesso la rivoluzione 3.0 non è fatta solo da chi ha fame, ma da chi per lavoro ha sempre dato da mangiare alle persone e ormai non capisce più come orientarsi. Infatti è il tema di Identità Golose, la più “antica” (dal 2005) e tuttora più importante manifestazione italiana che discute del settore enogastronomico ad alti livelli. Per la precisione, il titolo è “Signore e signori, la rivoluzione è servita”. Gli ideatori Paolo Marchi e Claudio Ceroni lo spiegano da giorni, il concetto è semplice, stiamo attraversando un periodo di tali stravolgimenti (dobbiamo davvero citarli ancora?) che si rischia di perdere la bussola; e comunque la strada della sopravvivenza, non parliamo poi di quella della crescita, è sempre più difficile da trovare, sia per i consumatori che per chi offre loro prodotti e servizi. Insomma, è un male comune, e invece di considerarlo mezzo gaudio è meglio mettersi attorno a un tavolo e affrontare il problema per cercare le soluzioni migliori (<Sarebbe bello anche>, sottolinea Marchi, <parlare della necessità sempre più grande di fare sistema, invece di andare in ordine sparso. Ci renderebbe più forti tutti>). Il tavolo, i tavoli, saranno quelli allestiti durante il congresso, con a direzione artistica di Davide Rampello, di nuovo in presenza al MiCo di MIlano, di nuovo con tanta gente e con tanti protagonisti che vengono dall’estero, caratteristica che aveva fatto subito amare la manifestazione in quanto punto d’incontro perfetto per consolidare la sprovincializzazione (enogastronomica, ma non solo) del paesotto Italia. Rieccoli, Alex Atala, il paladino amazzonico del D.O.M. di San Paolo, Andoni Luis Aduri, il basco fiammeggiante del Mugaritz. E il calendario è magnetico, con nomi come Albert Adrià, il fratello socio complice di Ferràn (loro sì, l’avevano già compiuta una rivoluzione, quando niente li obbligava a farlo). Angel Leòn (nella foto), visionario cuoco di mare che lavora in un posto incantato, il ristorante Aponiente, vicino a Cadice. Harold McGee, che svela i misteri delle cotture, geniale docente che ha cambiato vita come un enigmista, passando dall’astronomia alla gastronomia, e adesso è immerso nell’esplorazione del mondo olfattivo. Faith Willinger, l’americana che si è guadagnata un posto da ambasciatrice (della cucina e delle eccellenze italiane nel mondo). Paco Morales, il cuoco storiografo che scava nella storia della Spagna, al suo Noor di Cordoba. E molti altri ospiti stranieri, tra cui è stata sottolineata la presenza di Leonor Espinosa, da Bogotà, Colombia, dove con la figlia Laura gestisce i ristoranti attigui Leo e La Sala de Laura, miete riconoscimenti mondiali e difende la biodiversità del suo Paese; e di Fatmata Binta, la cuoca che aiuta il suo popolo nomade (Fulani): viene da Accra, Ghana, nazione new entry sulla scena della gastronomia internazionale. Con loro, tanti straordinari chef, pasticceri ed esperti italiani, da Carlo Cracco che con Luca Sacchi ha creato “Avocado, kiwi e coriandolo” (piatto-simbolo di questa edizione e della rivoluzione vegetale e climatica), ad Andrea Aprea, Massimo Bottura, Corrado Assenza, Enrico Bartolini, i fratelli Cerea e gli Alajmo, Alessandro Negrini e Fabio Pisani, Norbert Niederkofler, Giancarlo Perbellini, Viviana Varese, Davide Comaschi, Antonia Klugmann, Moreno Cedroni, Marco Ambrosino, Niko Romito, Marco Pedron e molti altri. Tra cui gli “stranieri italianizzati” come Juan Camilo Quintero Merchan, ovvero Poggio Rosso al Borgo San Felice, una delle costellazioni di Bartolini, nel Senese; o Takahiko Kondo e Karime Lopez, della galassia Bottura (Gucci Osteria a Firenze). O gli italiani che stanno altrove da una vita, come Giorgio Locatelli. E i green come Antonio Chiodi Latini che da Torino porta la sua personalissima rivoluzione vegetale. E i giovani come Michele Cobuzzi (Anima e Vertigo), Guido Paternollo (Pellico 3 dell’Hyatt), Caterina Ceraudo (Dattilo), Davide Marzullo (Trattoria Contemporanea). Tanti, tutti bravi. Perché l’Italia ha eccellenze alimentari e talenti che le sanno trattare, ma, come purtroppo tutti ripetono da tempo, non sa coordinare gli sforzi, troppi campanilismi, poco gioco di squadra (vedi le parole di Paolo Marchi); peccato, perché potrebbe portarci lontano, basta osservare quello che la Francia fa da decenni. Rivoluzionario, infine, anche il sasso lanciato dalla Fondazione Cotarella: Dominga, Marta ed Enrica Cotarella, assieme a Ruggero Parrotto, affronteranno con vari esperti, nello speciale Spazio Arena, il problema dei disturbi alimentari, tema importantissimo, legandolo a scienza, cibo, territorio, ospitalità. Il calendario di Identità Golose si arricchisce, come sempre, di degustazioni, lezioni, incontri, corsi e showcooking, in cui si parla di pasta, pizza, specialità e ricette, vino e cocktail (con i mixologist Andrea Maugeri e Mattia Pastori) e molto altro. Con la partecipazione di produttori, vignaioli, nutrizionisti, medici, albergatori e volti della tv  come Fabio Fazio e Bruno Vespa.

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