Il Capodanno cinese è vicino (12 febbraio), e nello stesso momento ci fanno sperare che la nostra clausura sarà un po’ meno ferrea, potremo andare al ristorante a pranzo, forse presto ci permetteranno perfino di cenare fuori, un lusso che avevamo quasi dimenticato. Un buon momento per parlare di una novità milanese, che riguarda anche la Cina. E’ cinese la titolare di Mu Dimsum, locale da un paio d’anni molto frequentato da chi ama una cucina che fonde Cina, Italia, un po’ di Giappone e un po’ del mondo. Nell’ultimo periodo di lockdown ne ha approfittato per ristrutturare la cucina. Che non era né antiquata né piccola. Ma… Ma. In questa cucina doveva arrivare un nuovo chef, e che chef. E’ cinese anche lui, è giovane ma ha un curriculum invidiabile, essendo passato tra l’altro dalla Hell’s Kitchen di Cracco, dal Noma di Redzepi e da Yoji Tokuyoshi. Ah, era anche in finale al San Pellegrino Young Chef, come rappresentante della Cina (hai detto niente). L’ultima volta l’avevamo visto all’ottimo Serica di Mauro Yap.
E adesso eccolo qui, che ci presenta il menu per il Capodanno cinese. Per salutare l’Anno del Bufalo, dal 5 al 12 febbraio Liu Chang preparerà portate speciali, da consumare in presenza (già da oggi), finalmente; oppure da asporto o delivery (dal 5), modalità alle quali ormai ci siamo abituati. Il menu si apre con minuscoli involtini primavera con foie gras, da accompagnare con una salsa di cipolla caramellata e ciliegie. Prelibati. Seguono altre sette portate: in tutto otto, numero portafortuna in Cina. Il “Gambero rosso ubriaco” è stuzzicante, crudo e insaporito, tra l’altro, con moutai (o Maotai), tipico superalcolico cinese. La portata seguente è uno dei capolavori dello street food cinese, una specie di frittella con i cipollotti, molto bassa e croccante, qui di dimensioni ridotte e avvolta in carta rossa, colore del buon augurio e delle feste. Poi, un riso cotto nello zafferano (che assume un colore dorato) e saltato con capesante: ottimo, anche perché il riso saltato con vari ingredienti, che noi siamo abituati a chiamare “alla cantonese”, in realtà è tipico di Yangzhou, che, guarda caso, è la città di origine dello chef. Quindi, un misto di ravioli squisiti, preparati in modo esemplare. Con diversi tipi di pasta (compresa quella di riso, semitrasparente) e diversi ripieni, diverse forme e colori. Tutti perfetti. Dopo un merluzzo non convenzionale (e scenografico) arriva il superclassico, l’anatra alla pechinese. E per chiudere, uno strappo: il dolce è un mochi, tipico giapponese, bello e buono. Vale la pena scostarsi dalla tradizione dolciaria cinese, che, con tutto il rispetto, non è delle più entusiasmanti.
Il costo di un menu completo è 70 euro (ma è davvero tanta roba, come si dice a Milano), sia al ristorante che per consegna o asporto. Tutte le portate sono descritte con nomi di fantasia che, nella miglior tradizione cinese, evocano i concetti di lunga vita, prosperità, miglioramento continuo, fortuna, unità della famiglia, ricchezza eccetera eccetera. Eccoli, ognun riferito ai piatti elencati, e nello stesso ordine: Verso la fortuna; Sotto una buona stella; Ricchezza a prestigio; Un sacco d’oro al giorno; Brillanti prospettive per un futuro goloso; Ogni anno ciò che ti basta è un po’ di più; La tua casa sia benedetta; Che la famiglia sia sempre unita. Se sceglierete il delivery o il takeaway, tutto sarà ben confezionato e raggruppato in buste eleganti, con le istruzioni per le portate che vanno un po’ riscaldate.