Scavando nelle storie si fanno sempre scoperte. A proposto di Natale e tradizioni milanesi, abbiamo visto 28 concorrenti in gara per il titolo di Re Panettone e tra loro solo due milanesi (aggiuntisi all’ultimo momento, forse per salvare la bandiera cittadina: grazie). E va bene. Ma, guardando la storia, ecco alcuni dettagli. Domanda: com’è, visivamente, il panettone nell’immaginario dei milanesi e non solo? Assomiglia a un cappello da cuoco, è cilindrico, abbastanza alto e con un rigonfiamento in cima. Invece il panettone nasce basso, lievitato come un pane, senza l’aiuto di stampi particolari. Ma a chi si deve il cambiamento? A un russo, pare. Così racconta infatti Stanislao Porzio, ideatore della manifestazione e autore di un libro dedicato all’argomento. Si tratterebbe di tale Rijoff, che negli anni Venti volle sollevare il morale della corposa comunità russa residente a Milano, in fuga, come Rijoff stesso, dalla rivoluzione bolscevica. E per celebrare la Pasqua ortodossa prenotò ad Angelo Motta, allora giovane pasticciere in via Chiusa (al limite della cerchia dei Navigli, forse allora non era così centrale come ci sembra oggi), circa duecento kulich, tipici dolci russi, da distribuire ai connazionali. Il kulich ha una forma cilindrica (vedere in rete per credere), ma come farlo? L’ordine era troppo cospicuo per rinunciare, così Motta dovette ingegnarsi a fabbricare tanti stampi di cartapaglia quanti erano i dolci da sfornare per Rijoff. Svolto il suo compito, pensò di utilizzare quegli stampi pasquali (antenati degli odierni pirottini) anche a Natale, per fare il panettone, rendendolo un po’ più maestoso. Ecco la genesi del panettone alto, a cui, a partire dalla prima metà del secolo scorso, ci hanno abituati Motta e Alemagna, protoindustrie che portarono il panettone alle masse.
Quindi, se è tutto vero (ma c’è da fidarsi di Porzio, appassionato ed esperto dell’argomento, cui ha dedicato anche uno studio approfondito su documenti che ne attestano l’origine), ne deduciamo che il panettone come lo intendiamo noi si deve a un russo; ed è nato a Pasqua. Con queste sconcertanti certezze, vediamo che è successo al concorso di Re Panettone. Due giurie per i due rami della gara: panettone tradizionale e lievitato innovativo. Nella prima sessione si giudicavano i panettoni di 28 pasticcieri, tutti assolutamente artigianali e realizzati con gli ingredienti codificati del panettone milanese. I criteri erano: aspetto esterno (forma, simmetria, cottura ecc.), aspetto interno (come alveoli della lievitazione, distribuzione di uvette e canditi, colore), profumo, sapore, consistenza e corrispondenza “all’idea di panettone”. Ha vinto il titolo di Re il panettone di Raffaele Vignola, dell’omonima pasticceria a Solofra, provincia di Avellino. Menzione a quelli di Alessandro Slama, di Ischia, e di Emanuele Comi, che sta a Missaglia in provincia di Lecco, così l’onore lombardo è salvo. Scherzo, naturalmente: d’altronde Stanislao, che ha onorato il panettone dedicandogli una manifestazione inedita fino a qualche anno fa, è napoletano Doc. Per la categoria degli innovativi ha vinto L’Originale, simil-panettone con gocce di crema al limone creato da Italo Vezzoli, titolare di Incroissanteria a Carobbio degli Angeli, provincia di Bergamo. Menzione al dolce Pan Annurca, con mela annurca, ricotta, mandorla e cannella, di Annibale Memmolo, che sta a Mirabella Eclano, di nuovo in provincia di Avellino; e al Caraibi Black, con cocco, cioccolato e ananas e glassa al cioccolato, di Massimo Ferrante, che ha la pasticceria a Campomorone (Genova).