Attraverso il vino
si vede la vie en rose

Non ha lasciato un buon ricordo l’anno scorso. E di questo non si sa che cosa pensare… Però. Però è necessario aver fiducia, darsi coraggio. Vedere la vita un po’ più in rosa. Un modo c’è, se non ne trovate altri; e anche se li trovate: brindare, all’aperitivo o quando volete, con un rosé. Lo dico per esortare all’ottimismo ma anche per raccontare che la produzione di vini rosati in Italia è in continuo aumento, e, cosa più importante, in continuo miglioramento. E cogliamo l’occasione dell’8 marzo (troppo noioso ripetere che le donne vanno rispettate tutti i giorni, eccetera), proponendo un rosato per festeggiare. Se qualche decennio fa Mino Calò con il Rosa del Golfo e Leone De Castris con il Five Roses erano quasi monopolisti (parlando di qualità), adesso la lista dei rosati degni di nota è infinitamente più lunga, tocca praticamente tutte le regioni italiane e si arricchisce costantemente. Si rivalutano zone già vocate come il Garda, con il Chiaretto (imperdibili i vini di Mattia Vezzola, be’, certo, un nome che è una garanzia). Si rafforzano quelle già note, come appunto la Puglia, dove risiedono le due aziende citate prima, entrambe salentine, e dove si producono da sempre rosati ruspanti (San Severo, per esempio: lo aveva fatto conoscere ai milanesi Peppino Strippoli, grande divulgatore della cultura enogastronomica della sua terra), che diventano ora sempre più eleganti. Tra conferme e autentiche novità, diamo uno sguardo a questo panorama vinicolo da vie en rose.

Delicato nella tonalità e nella gradazione alcolica, Afra è il nuovo nato di Perlage Winery. Un prosecco Doc Rosé (composto dal 90% di Glera, vitigno tipico del prosecco, e dal 10% di Pinot Nero) che ha 11 gradi e la sagoma di due rigogoli in rilievo sulla bottiglia: sono uccellini che abitano le colline in Valdobbiadene e simboleggiano l’attenzione al biologico, all’armonia con la natura da parte dell’azienda, dato che la famiglia Nardi (Afra è il nome della madre di Ivo Nardi) ha optato per un metodo totalmente biologico fin dal lontano 1985. Altra bella novità è quella rappresentata da Bruno e le rose, simpatico anche nel nome. Qui siamo nella terra del Lambrusco, e infatti si tratta di uno spumante Brut Lambrusco Emilia IGT rosato. La rosa non è solo un omaggio al mondo femminile, come spiegano i titolari di Cantine Ceci, che hanno creato nel 2020 il rosé pensando al padre, zio e nonno Bruno Ceci: la rosa, dicevo, è anche un profumo che si coglie nel bouquet del vino stesso. Nella foto di apertura, la CEO dell’azienda Maria Teresa Ceci (nipote di Bruno) in vigna.<br>

Un nome romantico, che fa sognare, e un’azienda piccola ma di qualità. Nebula Rosa è il rosé biologico presentato da Poggio Cagnano ed è l’espressione più gentile della terra in cui viene prodotto, la Maremma. E’ fatto principalmente con un Sangiovese prodotto in prossimità dell’Argentario, in una vigna pregiata di piccole dimensioni. Infatti è una limited edition, che rivela fragranza e freschezza. Un’interpretazione insolita del Sangiovese, grande vitigno. Di corsa scendiamo verso Sud, fino in Sicilia, per scoprire Rosa dei Venti, di Tenuta Gorghi Tondi, che secondo Civiltà del Bere è il miglior rosato prodotto nel 2020. Le vigne sono in provincia di Trapani, nella zona di Mazara del Vallo: Nerello mascalese in purezza, biologico, è interessante per le note di mineralità e sapidità, non comuni in un rosato.

Simbolicamente una rinascita (quella che tutti ci auguriamo di vedere presto), come ogni aurora fa rinascere un nuovo giorno: Aurora Rosé è lo spumante prodotto da Ponte 1948, casa vinicola veneta che ha una storia interessante. Si chiama così perché è nata nel 1948 come piccola cooperativa alle prese con la ricostruzione dell’immediato Dopoguerra, permettendo a chi aveva pochi mezzi e poca terra (ma tanta energia e voglia di fare) di unire le forze per commercializzare i propri vini e ricominciare a vivere. Adesso riunisce oltre mille famiglie di piccoli viticoltori, e continua a essere un esempio da tenere presente: l’unione fa la forza, lo sanno tutti ma non molti sembrano ricordarsene.

Contessa Rosa è invece l’omaggio azzeccato che Fontanafredda fa all’intramontabile mito della Bela Rosìn (nel ritratto in bianco e nero), seconda moglie di Vittorio Emanuele II: per lei il Re acquistò l’azienda Fontanafredda, che venne poi portata al successo dai loro figli. Rosa Vercellana, nominata Contessa, è dunque l’ispiratrice di questo Alta Langa rosé, spumante ottenuto da uve Pinot e Chardonnay. Dopo 30 mesi sui lieviti viene “dosato” con una piccola quantità di Barolo 1967, pregiato e capace di dargli un gusto inconfondibile.

Sono molte le etichette e i produttori di cui parlare: perciò, riuprenderemo l’argomento prossimamente.