Ada, cent’anni dopo, sorride: la sua piccola gemma, la sua invenzione perfetta (quello che oggi chiameremmo il suo signature drink) viene ancora celebrata, nel posto in cui è stata creata e in molti altri luoghi del mondo. Per esempio al Flores Cocteles di Milano, dove martedì 8 novembre, in una serata intitolata British Fever, sarà servita una versione modificata dello Hanky Panky, il suo cocktail più famoso: si fa con London Dry Gin, vermut rosso e Fernet Branca. Ivan Orsini, bartender al mitico Savoy Hotel di Londra, servirà la sua reinterpretazione del celebre drink, con un pensiero alla sua creatrice, Ada Coleman. Un personaggio leggendario. Non tutti i dettagli e le date della sua biografia sono verificabili, ma non è importante. E’ nata attorno al 1875 a Londra, il padre aveva un posto di responsabilità nel Golf Club della famiglia D’Oily Carte, noti impresari teatrali e alberghieri. Che non esitarono ad offrire, in uno dei loro alberghi, un lavoro ad Ada, quando rimase orfana. Lei, sui 25 anni, iniziò così a fare la barista al Claridge’s, altro indirizzo super nella Londra di ieri e di oggi. Primo compito: realizzare e servire un Manhattan, sotto l’occhio vigile del responsabile del bar dell’hotel. Bastò poco, e si capì che la ragazza aveva stoffa. Non a caso, nel 1903 la troviamo nella posizione di head bartender in un altro gioiello di D’Oily Carte, il Savoy, ancora oggi uno dei più splendidi hotel storici di Londra e del mondo. Quadro dell’epoca: molte ragazze, per guadagnarsi da vivere, iniziavano a lavorare nei bar e nei pub. Non ci dicono quante fossero a Londra, ma esiste una ricerca sulla situazione dall’altra parte dell’oceano: negli Stati Uniti si contavano oltre 55mila baristi, solo 147 erano donne. Per il momento tutto funziona, e per Ada funziona alla grande. E’ brava, ha un sesto senso per la miscelazione, ha tecnica, ha fantasia. Presto diventa un idolo degli intenditori, di un pubblico certamente con un penchant alcolico e certamente di élite, perché l’American Bar del Savoy non è mai stato un posto per il popolo. Tra i suoi aficionados, residenti o di passaggio dagli States (e in fuga dal Proibizionismo), pare ci fossero tipi come Mark Twain, il Principe di Galles, re Guglielmo di Svezia, Charlie Chaplin, Marlene Dietrich. Ada fa cocktail tradizionali, li fa benissimo. E ne inventa di nuovi. Dietro il bancone la affianca Ruth Burgess (detta anche Miss B, o Kitty). E’ entrata al Savoy un anno prima di lei, ma Ada Coleman, che tutti chiamano Coley, è puntigliosa e ambiziosa, e nasce una rivalità, anche quella, leggendaria. Ada non svelerà mai a Ruth le ricette dei suoi cocktail. Pare che addirittura non si siano mai parlate, in oltre vent’anni di lavoro insieme. Negli anni seguenti, cominciano a circolare le critiche puritane al ruolo di barmaid, le ragazze non dovrebbero lavorare al banco di un bar (erano poche anche le donne che frequentavano i bar, per la verità), non è un lavoro onorevole, finiscono troppo tardi, eccetera. E negli Usa inizia l’era in cui gli alcolici, chi li serve e chi li consuma sono dichiarati fuori legge. Intanto, Coley continua imperterrita la sua carriera. Al Savoy è idolatrata, a casa sua organizza party strepitosi, con fiumi di alcool, ovviamente, e con personaggi del bel mondo, molti dei quali sono già suoi clienti fissi all’American Bar. Uno di questi, una sera le chiede qualcosa di speciale, di forte, perché è stressato e ne ha bisogno. Era Charles Hawtrey (nato nel 1858: molti anni dopo, un altro attore, classe 1914, scelse di farsi chiamare con il suo nome). Lei si applica, e dopo un po’ gli porge un bicchiere. Che gli strappa un’esclamazione gioiosa e sorpresa: <Perbacco, ma è un vero hanky panky!>. Oggi sinonimo di intrallazzo con implicazioni sessuali, allora pare che l’espressione indicasse qualcosa di magico, un trucco, un prodigio. E il prodigioso Hanky Panky figura nella lista dei migliori drink del mondo. Perfino Harry Craddock dovette includerlo nel suo libro sui cocktail. Chi era Craddock? Il successore di Ada e Ruth. Probabilmente, dopo aver passato cinque lunghi anni all’altro bar del Savoy, bar secondario, e in un ruolo insopportabilmente secondario rispetto alle lady di ferro dell’American Bar, era stato lui a spingere per il loro pensionamento. Che avvenne nel 1926, dopo la chiusura dell’American Bar per ristrutturazione. Adesso per una sera arriva a Milano Ivan Orsini, che, come lui stesso spiega, non ha mai fatto <un percorso lineare>, non ha studiato da barman, non ha iniziato lavorando nel settore. Viene da una famiglia di ristoratori di Chieti, ma ha fatto altri studi e altre scelte. Poi, a un certo punto, ha sentito il richiamo netto di una passione che prima aveva appena intuito, e la miscelazione è diventata il suo quotidiano. Come Ada, è passato anche lui dal Claridge’s, e, in soli tre anni di vita londinese, è arrivato al prestigiosissimo American Bar del Savoy. Oggi celebra la sua mitica collega di un secolo fa, realizzando per i clienti del Flores Cocteles (il bar attaccato al Porteño Prohibido, ristorante argentino di classe in via Macedonio Melloni 9) diversi twist di Hanky Panky, tra cui quello fatto con mescal, cordiale di rapa rossa e peperoncino, Cynar, Campari Soda. Non quelli che fa normalmente al Savoy, dice: qualcosa di nuovo, che ha inventato per l’occasione. Con <un profilo vegetale particolare, è un pre-dinner perfetto, un aperitivo che stimola>. Da scoprire. Al Savoy, potendo. Oppure al Flores, magari proseguendo al Porteño con cena e spettacolo di tango, previsto ogni martedì.